Arteterapia nel trattamento delle psiconevrosi. Fobie e situazioni traumatiche trattate in un contesto arteterapeutico e psicoterapeutico (2012) di Cherubina Albertini e L’arte cura (2016) di Piera Legnaghi

Titolo: Arteterapia nel trattamento delle psiconevrosi. Fobie e situazioni traumatiche trattate in un contesto arteterapeutico e psicoterapeutico

Autore: Cherubina Albertini

Prima pubblicazione: 2012

Casa editrice: Cleup

Città: Padova

N. pagine: 287

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Titolo: L’arte cura

Autore: Piera Legnaghi

Prima pubblicazione: 2016

Casa editrice: Grafiche Aurora

Città:

N. pagine: 144

Che cosa sia l’arteterapia prova a spiegarcelo ad esempio l’arteterapeuta e artista lui stesso Axel Rutten (citato nel testo della Albertini Arteterapia nel trattamento delle psiconevrosi): “La terapia dell’arte può essere definita come un itinerario verso la libertà interiore dell’individuo, sia esso sano o malato…tale terapia lavora basandosi sulla forza dei colori e delle forme, essa è in grado di raggiungere campi profondi e sconosciuti, dove neanche arrivano le parole”.

E ancora, si legge nel testo della Albertini: “Per Axel Rutten, una funzione della terapia dell’arte è di mettere in luce il proprio io primordiale nascosto nell’inconscio di tutti noi compiendo un itinerario attraverso cui raggiungere la libertà interiore”. 

Il disegno di un bimbo

Le origini dell’ ‘arteterapia’ (concetto in ogni caso amplissimo), vanno probabilmente rintracciate già nei primi disegni sulle rocce dei popoli primitivi. Si può forse affermare, rischiando di assumere una posizione un po’ estrema, che il concetto di ‘terapia’ sia già insito nell’arte (sia nella prospettiva di chi l’arte la fa, sia di chi la fruisce) nel suo sorgere, anche se per un certo tempo e per certi tratti in modo del tutto inconsapevole. In tempi moderni, una grande e fondamentale svolta sulla comprensione dell’arte da parte della ‘psicologia’ (volendo utilizzare appositamente un termine molto ampio) venne attuata da Freud (è inevitabile il rimando all’imprescindibile quanto avvincente raccolta Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, in italiano in edizione moderna curata dalla Bollati Boringhieri).

Il libro della Albertini contiene tra l’altro un eccellente excursus sulla storia dell’arteterapia. Ai libri citati nella sua bibliografia, aggiungerei soltanto il prezioso studio di Stefano Ferrari Scrittura come riparazione. Saggio su letteratura e psicoanalisi, Laterza, 2005.

Una bella immagine di Edith Kramer (1916-2014), fondamentale figura di arteterapeuta citata nel testo della Albertini.

Arrivati ad oggi, constatiamo una vera e propria moltitudine di pratiche, dall’arteterapia alla musicoterapia, dalla danzaterapia all’aromaterapia, dalla cromoterapia alla teatroterapia. Settori che viaggiano su strade e metodologie molto differenti e diversificate, dai livelli meno qualificati ai livelli più altamente professionali. In alcuni casi pratiche che sconfortano gli stessi terapeuti, in molti altri casi pratiche che portano a buoni o anche eccezionali risultati anche insperati, proprio magari in quei momenti in cui si è sul punto di riporre qualsiasi speranza di raggiungere un qualche beneficio per il paziente (o utente). In molti casi, bisogna dirlo,  ‘pesa’ molto il carisma del terapeuta, la sua capacità di fascinazione e di suggestione, la sua empatia. In ogni caso, quando si parla di “terapia” in questi ambiti, non bisogna pensare necessariamente a “cura”. La terapia attraverso l’arte può consistere nel tentare di mettere il paziente in contatto con se stesso e/o con gli altri, di stabilire dei ponti comunicativi; come pure nel tirar fuori ciò che ha dentro in senso catartico; o in certi altri casi più semplicemente nel distrarlo, nell’occupargli la mente (ma le applicazioni sono al momento attuale molteplici e probabilmente il loro numero crescerà nel tempo).

I lavori di Cherubina Albertini (Arteterapia nel trattamento delle psiconevrosi), del 2012, e di Piera Legnaghi (L’arte cura), del 2016, che ho scelto di porre a confronto, entrambi di grande interesse, ricchi di spunti, riguardano per l’appunto queste particolari ‘potenzialità’ dell’arte. Il primo, quello della Albertini, è il testo di un’arteterapeuta e psicoterapeuta dall’esperienza trentennale. Il secondo, quello di Piera Legnaghi, è scritto da un’artista (pittrice e scultrice) che nel corso degli anni, dopo aver sperimentato su di sé l’analisi, ha scoperto una valenza specifica (altruistica, ‘filantropica’) del ‘fare arte’. Illuminante è stato per lei l’incontro addirittura con Salomon Resnik, celebre psichiatra e psicoanalista argentino.

Un’opera di Piera Legnaghi.

La Albertini, padovana, parla invece della propria esperienza di arteterapeuta e psicoterapeuta d.o.c.. Anche se il titolo scelto dalla Albertini pare restringere il campo alle “psiconevrosi”, in realtà la panoramica delle argomentazioni è ammirevolmente ampio. 

Piera Legnaghi, veronese, classe 1945, da parte sua sottolinea come il suo personale metodo, che ha voluto chiamare “Arte e creatività”, non concerna l’arteterapia in senso stretto; si può piuttosto parlare di un metodo che aiuta gli individui a esprimere se stessi e a liberare ciò che è bloccato dentro di loro.

Molti i punti di contatto tra i due testi, analoghe in somma parte le problematiche affrontate dalle due autrici e le questioni trattate. Andando nello specifico, la Albertini parte appunto da un’utile quanto avvincente storia dell’arteterapia. Il suo testo, veramente denso di importanti e interessanti riferimenti teorici, concentra poi l’attenzione, nella parte finale, su quattro casi clinici di trattamento con l’arteterapia. Distintivi del testo della Albertini sono argomenti quali: “La formazione dell’arteterapeuta”, “Distinzione tra artista e arteterapeuta”, “Transfert e controtransfert in arteterapia”, “La supervisione in arteterapia”, “La verbalizzazione”. 

La Legnaghi invece, all’inizio del suo L’arte cura, presenta ai lettori la propria storia di artista e in modo esteso la questione del metodo “Arte e creatività”, descrivendo poi nella parte conclusiva le interessanti esperienze laboratoriali avute con bambini, adolescenti, persone diversamente abili, adulti, anziani.

Il disegno di un bimbo.

Scrive la Legnaghi: “Non uso l’Arte nel senso classico di ricerca di perfezione formale, ma come mezzo espressivo e comunicativo diverso dal linguaggio verbale, infatti ho scelto un linguaggio fatto di simboli, di metafore, di segnali corporei e sensoriali che trovano compiutezza attraverso attività grafiche, plastiche…Mi piace pensare che quello che utilizzo è come la lingua della madre, che per insegnare a parlare al bambino non parte dalla grammatica, ma parla lei stessa in maniera creativa…La madre non fa terapia, ma trasmette al bambino il proprio amore e il proprio mondo interiore”. Penso proprio che questo parallelo con la lingua della madre sia davvero cruciale per comprendere la prospettiva personale della Legnaghi.

La Albertini dal canto suo scrive nel suo Arteterapia nel trattamento delle psiconevrosi: “Se in una terapia verbale il paziente si protegge molto con la razionalizzazione e l’uso della logica, in arteterapia, come nel sogno, le immagini e i pensieri si presentano alla mente senza un nesso logico ed è proprio in questa apparente incoerenza contestuale, che spesso possiamo cogliere i tratti di verità nascosti nella metafora”. 
Entrambi i testi portano a conoscere illuminanti riflessioni sull’arte, sul suo potere espressivo-comunicativo, nonché sulle sue valenze psichiche.

Significativo è ad esempio il pensiero di Franca Battain riportato dalla Legnaghi: “si concorda nel ritenere la creatività individuale una sorta di mappa per non perdersi nelle strade dell’interiorità”. La creazione artistica può infatti essere intesa come strumento per far fronte al caos interiore. 

Dipinto di Josef Forster raffigurante un uomo che vola con i trampoli. Un’immagine molto rappresentativa della perdita di contatto con la realtà causata dalla malattia psichica.

Due testi, quelli della Albertini e della Legnaghi, di grande fascino, da mettere in dialogo tra loro, in quanto si completano e si compendiano a vicenda. Il primo più tecnico, più razionalistico, più sistematico nella teorizzazione, ha oltretutto il merito di contenere alcune immagini dei lavori dei pazienti. Il secondo, quello della Legnaghi, sicuramente più empirico, più ‘emotivista’, frutto di un grande amore per tutto ciò che è umano. Due testi per addetti al lavori, certo, ma anche adatti agli studenti di arteterapia e consigliabili persino a chi, per curiosità, si affaccia da neofita a questo mondo, visto e considerato che i discorsi sono condotti in entrambi i casi in modo accessibile e stimolante. 

Cherubina Albertini.
Piera Legnaghi.
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