Intervista a Giulia Cumbo
di Luca Mantovanelli
Che bimba era Giulia Cumbo?
Da bambina ero molto un “maschiaccio”: se potevo, giocavo sempre con i miei compagni delle elementari a rugby, oppure a dei giochi di lotta o con le macchinine, ed ero (e sono tutt’ora in realtà) molto attaccata al mondo degli animali e delle piante. Infatti, passavo tante ore, se non giornate intere, nella campagna dei miei nonni a curare gli animali e tutte le piante.
Se tu potessi incontrare quella bambina oggi, cosa le diresti? E che augurio le faresti?
L’unica cosa che le direi sarebbe quella di continuare a godersi ogni giorno come se fosse l’ultimo.
Come ti sei accostata al mondo della fotografia?
In realtà è successo tutto in maniera molto casuale. Per tanti anni, e in realtà tuttora, ho sempre avuto la passione della fotografia naturalistica, dunque scatti di paesaggi e animali. Un giorno un mio amico, appassionato anche lui di fotografia, mi ha chiesto di posare per lui per poi pubblicare le foto in un gruppo di fotografia in cui c’erano diversi fotografi. Da lì molti fotografi mi hanno contattata a loro volta per fare degli scatti con loro, ed è stato così che ho iniziato a livello amatoriale.
E l’attrazione per la moda come nasce?
Credo che non sia mai nata, bensì che ci sia sempre stata da quando ho memoria. Magari in alcune fasi della mia vita era più o meno forte, ma non saprei ben spiegare come nasce la mia attrazione per la moda, è qualcosa che si è evoluto in maniera quasi inconsapevole, fino a quando ne ho preso coscienza, quando ho iniziato a lavorare con i fotoamatori.
Da dove deriva il carattere un po’ esotico della tua bellezza?
Le mie origini non sono totalmente italiane, sono per metà di origine sudamericana, più precisamente del Perù, e per l’altra parte italiana.
Nella biografia che si legge nel tuo sito, mi ha subito colpito questa tua visione un po’ filosofica della realtà. Ossia questa tua attrazione per la dualità: Giulia studentessa di Ingegneria elettrica e Giulia modella. Come dire: non ci può essere matematica senza artisticità, il numero senza espressività, la scienza senza creatività… Anche in altri aspetti della tua vita ti senti ‘duale’? Se sì, fammi qualche altro esempio.
In realtà in molti aspetti della mia vita ho sempre sfruttato questo concetto di dualità, in quanto mi consente di avere un grande senso di adattabilità in tanti aspetti del vivere. Ad esempio, in ambito delle amicizie sono legata a persone che sono molto diverse tra loro, ma che allo stesso modo hanno sempre qualcosa di molto bello da offrire come insegnamento e crescita personale. Ho sempre avuto l’idea che, potenzialmente, si possa imparare e divertirsi su tantissime cose anche se molto diverse tra loro o addirittura opposte.
Pitagora vedeva nell’ordine, nella matematica, nella simmetria, il senso del Bello. C’è qualche chances per il disordine, l’asimmetria e l’imperfezione di suggerire pure loro un qualche senso di Bello? E perché?
Pitagora aveva una concezione e filosofia da uomo del 500 a.C., fortunatamente la filosofia e la concezione umana in merito a questo tema si è evoluta immensamente nel corso della storia. Basta pensare a Darwin, e come grazie a lui abbiamo maturato al giorno d’oggi la consapevolezza che persino l’evoluzione biologica, come quella del cosmo, hanno un elemento di contingenza e noi siamo figli di quelle piccole imperfezioni. Di solito l’interpretazione canonica è quella di considerare l’imperfezione come un incidente o un errore, ma in realtà non è così. Come diceva Freud, l’imperfezione consente di scatenare nella nostra psiche un concetto di movimento e di continuo miglioramento personale, invece la perfezione implica un senso di staticità.
Cosa significa per te “essere professionali”?
Per me la professionalità è puntualità, rispetto, serietà nel lavoro e collaborazione tra colleghi.
Se tu fossi una manager di altre ragazze fotomodelle, che suggerimento daresti di fronte ai molti problemi e ostacoli che si incontrano in questo difficile cammino professionale?
Di non arrendersi e continuare ad andare avanti a perseguire la propria passione. Il successo è solo quello che si vede alla fine del processo, ma per arrivarci occorrono tantissimo sacrificio, determinazione e impegno.
Cos’è per te la bellezza? E l’eleganza?
Per me la bellezza è totalmente mentale, ritengo una persona “bella” se ha una mentalità matura, argomentata e propensa all’accettazione del diverso. L’eleganza, invece, mi piace associarla a una fusione di grazia e semplicità.
Quali sono le tre caratteristiche essenziali che cerchi in un fotografo, a parte la serietà professionale?
In realtà è unicamente la serietà professionale quella che ricerco in un fotografo, perché quelle due semplici parole comprendono la puntualità, il rispetto reciproco, la collaborazione, l’organizzazione generale, la serietà lavorativa e molto altro!
Qual è un’altra arte, a parte quella fotografica, tra pittura, scultura, cinema, teatro, letteratura, manga, in cui a parer tuo la bellezza femminile può essere meglio raccontata? Fammi un esempio.
In realtà sono dell’idea che tutte le arti, se ben usate, riescono a risaltare e raccontare al meglio la bellezza femminile. Ma se devo dare una preferenza, opterei per la letteratura, in quanto sono sempre rimasta affascinata da come Petrarca descriveva la donna nei suoi sonetti. Credo che quello sia uno dei modi più belli di raccontare la bellezza femminile.
Se un fumettista ti disegnasse, che personaggio saresti?
Sarà forse scontato, ma in assoluto Diana di Themyscira, in quanto rappresenta l’emblema della tempra femminile.
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi professionali? E dimmi anche un sogno che ti piacerebbe realizzare.
Come modella, mi piacerebbe attingere sempre di più a contratti aziendali e lavorare magari per advertorial, e-commerce, e in generale nell’advertising photography.