Il titolo del film di Mario Sesti (giornalista, critico cinematografico e regista messinese), Mondo sexy – presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Giornate degli autori – ha un suo perché, che va oltre l’ovvio. Esso gioca infatti sull’ambiguità della parola “mondo”, in quanto con “mondo movie” si intende un sottogenere di carattere documentario, nato tra anni ’50 e ’60 del ‘900, incentrato su temi scioccanti e scabrosi, non necessariamente erotici ma spesso erotici (ovviamente “scioccanti” e “scabrosi” sempre in proporzione alla percezione dell’epoca storica in cui tali temi vengono considerati), il cui film ‘capostipite’ viene da molti considerato Europa di notte (1958) di Alessandro Blasetti.
Non è un caso se, dopo tanti anni di repressione, rigore e conformismo (in pratica, di ‘oscurantismo’), la società italiana è ‘esplosa’ con il ’68, quando si è cercato fisiologicamente di dare spazio a certe tematiche ‘libidiche’, dionisiache. Ma il filone mondo movie (pur continuando ad essere considerato un sottogenere), si badi, non si è arrestato, e continua tutt’ora a produrre nuove invenzioni. Uno dei più recenti lavori è ad esempio Viaggio ai confini dell’Eros di Bruno Mattei (2007).
In Mondo sexy, Mario Sesti ha voluto creare una sorta di collage di sequenze tratte da film erotici specificatamente degli anni ’60. Lo spettatore non viene informato sul momento da quali lavori le sequenze sono state tratte, ma in compenso una voce narrante analizza in modo essenziale il fenomeno di quel decennio.
Tutto ciò, con l’aggiunta di qualche rapido stralcio di intervista a Domenico Monetti, Antonio Tentori (scrittore e sceneggiatore), Mino Loy (regista), Sabina Ambrogi (saggista, autrice televisiva), Luana De Vita (terapeuta che lavora col genere del burlesque), Albadoro Gala (performer di burlesque).
Non ci si deve aspettare qui un erotismo ‘alla Edwige Fenech’, godereccio e altamente pruriginoso, ma una sensualità molto più contenuta, più ‘iconica’, più ‘artistica’. Spesso legata al ballo e allo strip-tease.
Un gioco voyeristico dove alla fine lo spettatore è simbolicamente il bambino, e l’oggetto osservato è il corpo della madre, immortalato nella sua bellezza imperfetta. Si avverte un po’ questo senso d’illusione di un nutrimento attraverso il guardare (dello spettatore-bambino); dell’impotenza dello spettatore (del bimbo, che, costretto a restare lontano, può solo guardare e non ‘dare’); e della forza dello sguardo (della madre), che da parte sua guarda e nutre, a distanza.
La concezione estetica degli anni ‘60, inoltre, non prevedeva la descrizione di una femminilità ‘spirituale’, angelica e fascinosa, ma una donna al contrario estremamente ‘fisica’, fatta più di ‘corpo’ – nella selezione operata da Sesti corpo immortalato per lo più con le sue imperfezioni – che di ‘anima’. Le inquadrature si concentrano soprattutto sui volti e sui seni (i capezzoli all’epoca venivano sempre rigorosamente camuffati o coperti, smorzando così di molto l’impatto visivo…nel film si apprende che solo quelli delle donne di colore potevano essere esibiti); e ben poco spazio viene lasciato al feticismo (di gambe e piedi).
Un concetto espresso da Roland Barthes nel 1970 sull’atto di mostrare da parte dei registi il denudarsi della donna (lo spogliarello inteso come ‘mostrare per esorcizzare’, ‘generare appetito per poi devitalizzare l’eros’) cerca di dare un po’ di sostanza estetica e filosofica a questo docu-film che, tutto sommato, avrebbe potuto essere molto più generoso di stimoli, e che al contrario, a conti fatti, sul piano dei meri contenuti, risulta abbastanza apatico ed inerme.
Tra i vari film impiegati per il collage, America di notte (1961) e Le città proibite (1963) di Giuseppe Maria Scotese; Mondo sexy di notte (1962) e Supersexy64 (1963) di Mino Loy; I piaceri del mondo (1963) di Vinicio Marinucci; Sexy proibito (1963) e Tentazioni proibite (1965) di Osvaldo Civriani, e Universo di notte (1962) di Alessandro Jacovoni.
Oltre ad avere il pregio di mostrare materiale filmico praticamente introvabile a giorno d’oggi, Mondo sexy si avvale di un sincrono immagini-musica di forte impatto, grazie alle pregevoli musiche (il genere è quello disco) di Federico Badaloni, che imprimono al film un certo ‘tono’.