Rare beasts della regista inglese Billie Piper, presentato alla Mostra del cinema di Venezia nella sezione Settimana della critica, è un film abbastanza indefinibile. Anche la trama e i dialoghi sfuggono ad un ordine eminentemente razionalistico. Emerge la figura del protagonista, Pete, che imprime la sua cifra stilistica dirompente e carismatica su tutto e tutti. Nella sua natura di uomo anti conformista è presente un forte contrasto tra un’aura di eleganza e di ‘classe’ desunta dall’aspetto fisico e dall’acume da un lato, e una componente volgare e trasbordante (per l’appunto ‘bestiale’) molto smaccata dall’altro.
Il suo personaggio sembra ispirato ad una di quelle tante pietanze della cucina anni duemila (ma di livello chic), ossia sofisticato e basato su accostamenti radicalmente audaci e assurdi.
Film generoso di humor, sarcasmo, accenti drammatici e turpiloqui.
Film in parte onirico, scomposto, giocato sulla stravaganza, sulla dialettica ‘maschile – femminile’ (e sui reciproci rimproveri tra uomo e donna), e sulla dialettica ‘infantile – maturo’, con qualche scena un po’ sopra le righe, Rare beasts a conti fatti a stento può ritenersi un lavoro realmente ‘riuscito’. Ma la brillante figura di Pete può già considerarsi a pieno titolo un’ icona cult.
Oltre all’eccellente Leo Bill (classe 1980, che ha al suo attivo già molti film e molte presenze in serie televisive) nei panni del protagonista, il resto del cast riceve l’apporto piuttosto valido della stessa regista Billie Piper anche come interprete, nonché di Kerry Fox, Toby Woolf, David Thewlis e di Lily James.
Risultano infine davvero preziose le musiche di Nathan Coen e Johnny Lloyd.